La revisione della Direttiva UE sulla prestazione energetica degli edifici (EPBD), o Direttiva Case Green – come è stata ribattezzata – fissa nuove norme più ambiziose in materia di efficienza energetica per gli edifici in Europa. L’approvazione definitiva è giunta lo scorso 12 aprile, dopo un percorso lungo e non privo di polemiche.

Nell’Unione Europea i soli edifici sono responsabili di ben il 40% dei consumi energetici totali e del 36% delle emissioni di gas-serra legate a quei consumi. Nel patrimonio edilizio europeo c’è un enorme potenziale in termini di riduzioni, dal momento che è in gran parte inefficiente sotto il profilo energetico. «Per restare in Italia, secondo ENEA oggi il 60% degli edifici si trova nelle classi più energivore (F e G) e ha un fabbisogno termico tra i 180 e i 250 kWh per metro quadro per anno, che si traduce in consumi di 1800-2500 metri cubi di gas o litri di gasolio per una casa di 100 mq – riferisce Matteo Mazzolini, direttore di APE FVG – Questi dati rendono più chiara la necessità di intervenire sugli immobili come previsto dalla Direttiva EPBD, che chiede che entro il 2050 tutti gli edifici diventino “a emissioni zero”.»

Prima di tutto, un po’ di chiarezza su questa definizione: le caratteristiche che portano a emissioni zero sono un ottimo isolamento termico di pareti e solai, con serramenti performanti e un’impiantistica ridimensionata ai bassi fabbisogni energetici, da coprire con fonti rinnovabili. Si tratta di tecnologie da tempo disponibili che portano a consumare (e spendere!) meno e a vivere in ambienti più confortevoli.

Operativamente, secondo la Direttiva Case Green a partire dal 2030 tutti i nuovi edifici dovranno essere a emissioni zero (la scadenza è anticipata al 2028 per gli edifici pubblici).

Per gli edifici esistenti saranno gli Stati membri a delineare una strategia nazionale che preveda la progressiva ristrutturazione del proprio parco immobiliare affinché sia ad emissioni zero entro il 2050. In particolare, come obiettivo intermedio per gli edifici residenziali il consumo medio di energia primaria dovrebbe diminuire del 16% entro il 2030 e del 20-22% entro il 2035.

Arriva anche lo stop alle caldaie a combustibili fossili che non si potranno più installare dopo il 2040, mentre già dal 2025 non potranno più beneficiare di incentivi, lasciando così spazio a impianti a fonti rinnovabili come le pompe di calore. Sempre in tema di energie pulite, è prevista una graduale estensione dell’obbligo di installazione di impianti fotovoltaici che varia a seconda delle tipologie di costruzioni.

Sono esclusi dalla EPBD gli edifici storici, i luoghi di culto, abitazioni indipendenti con superficie inferiore a 50 mq, case per vacanze estive e seconde case occupate saltuariamente, siti industriali o agricoli, officine. Dall’Europa rassicurano che, per sostenere le ristrutturazioni, verranno messe a disposizione misure finanziarie (come in realtà già accade).

«La direttiva lascia un margine di manovra molto ampio ai governi su dove e come intervenire, ma al di là degli obblighi, che in fin dei conti pare non saranno così stringenti, sarebbe opportuno che il dibattito sulle case green stimolasse una riflessione in termini di consapevolezza dei cittadini sui consumi domestici e sulla qualità edilizia della propria abitazione, non solo in ottica di risparmio energetico ma anche di comfort abitativo» conclude Mazzolini.

 

Per approfondire: scaldiamo e raffreschiamo le nostre case con le pompe di calore

La Direttiva europea EPBD pone lo stop all’installazione di caldaie a combustibili fossili, ci sono però altri modi, più efficienti e meno inquinanti, per scaldare le nostre case: una soluzione valida ed efficace, sempre più utilizzata e che permette non solo di riscaldare ma anche di raffrescare, è la pompa di calore.

Cos’è una pompa di calore?

Possiamo fare una similitudine con un elettrodomestico molto comune, di cui tutti siamo dotati: il frigorifero, un macchinario in cui il calore viene estratto dall’interno, cioè la parte fredda dove sono conservati i cibi, e rilasciato all’esterno, il locale in cui è installato. La pompa di calore è esattamente lo stesso macchinario ma con il principio di funzionamento inverso: estrae il calore da un ambiente (aria esterna, terreno, acqua di falda, …) per rilasciarlo dentro la casa.
Il passaggio di calore avviene grazie ad un processo termodinamico, un fenomeno fisico che coinvolge i cambiamenti di stato della materia. Per far sì che questo processo si realizzi abbiamo bisogno delle seguenti componenti: un evaporatore, un compressore, un condensatore e un fluido o gas refrigerante.

Il processo si può riassumere in quattro fasi:

  • Fase 1: all’interno dell’evaporatore l’energia termica dell’ambiente viene trasferita al fluido refrigerante tramite uno scambiatore di calore che provoca l’evaporazione completa del liquido che ha una temperatura minore dell’ambiente esterno, quindi si “preleva” energia dall’ambiente.
  • Fase 2: nel compressore, azionato elettricamente, il fluido (ora gassoso) viene compresso nel condensatore.
  • Fase 3: nel condensatore avviene un altro passaggio di stato del refrigerante dallo stato gassoso a quello liquido, con rilascio di calore all’ambiente.
  • Fase 4: l’espansore favorisce poi il cambiamento di stato da liquido a gassoso (vista la diminuzione di pressione) ripetendo così il ciclo.

La pompa di calore permette sia di riscaldare che di raffrescare: si può quindi utilizzare un unico impianto per venire incontro a entrambe queste esigenze.

Sul mercato esistono vari modelli di pompe di calore, le due più comuni sono:

  • La pompa di calore aria-aria (detta anche climatizzatore o condizionatore), ad espansione diretta, sono i classici split che troviamo dentro i nostri appartamenti, negli uffici, ecc;
  • La pompa di calore aria-acqua che “cattura” il calore dall’aria esterna per trasferirlo al fluido termovettore che serve, ad esempio, i radiatori o il radiante a pavimento.

In questi due casi la fonte è l’aria esterna e l’impianto può funzionare anche con temperature sotto zero, benché la sua efficienza peggiori.

Le pompe di calore sono una scelta sostenibile rispetto alle caldaie tradizionali in quanto, per ogni kWh elettrico consumato, riescono a produrre dai 2 ai 7 kWh termici, recuperando l’energia “gratis” dell’ambiente. In caso però di sostituzione di una caldaia a fonti fossili con una pompa di calore aria-acqua è opportuna l’installazione di un accumulo termico che consenta alla pompa di calore di lavorare nei momenti della giornata in cui la temperatura esterna è più elevata.

La pompa di calore, nei dati tecnici che fornisce il produttore, vi dà alcune indicazioni per capire “l’efficienza” del processo fisico sopra descritto. Nello specifico, per il riscaldamento, dovete consultare il valore del COP, mentre per il raffrescamento l’EER: il COP è il rapporto tra l’energia termica “prodotta” dalla pompa di calore e l’energia elettrica utilizzata per favorire il processo. Più il COP è alto e più la pompa di calore è efficiente. L’EER invece è similare ma per il raffrescamento: è il rapporto tra l’energia “raffrescante prodotta” dalla pompa di calore e l’energia elettrica utilizzata per favorire il processo.

È comunque opportuno tener presente che il COP è influenzato anche dalle condizioni climatiche, soprattutto per le pompe di calore aria-aria ed aria-acqua: infatti più la temperatura esterna è elevata e più efficiente è la pompa di calore quindi, tipicamente, è più efficiente nelle zone di pianura che in quelle di montagna. Consultando un esperto del settore, ci si può fare consigliare su quale sistema di riscaldamento si adatti meglio al proprio edificio e alle proprie necessità.

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